mercoledì 29 maggio 2013

Semplicemente: grazie


L'avventura è iniziata così:

Ognuno di noi è un “pezzo del puzzle” 
che studia il quadro complessivo,
 
cercando di capire qual è il proprio posto all'interno dell'immagine globale.

A. Russell Hochschild




... e si è conclusa il 29 Aprile 2013

«La conclusione di questo percorso formativo rappresenta per me un traguardo importante, una conquista faticosa durata diversi anni, fatta di rinunce, impegno, costanza, notti insonni e soprattutto tanti sacrifici per me e per la mia famiglia. Avevo promesso a mio padre, scomparso pochi anni dopo la mia maturità, che sarei arrivata al termine di questo percorso. A lui dedico questo lavoro. E lo ringrazio perché mi ha insegnato ad apprezzare la vita, con le sue gioie e i suoi dolori, a non fermarmi alle apparenze ma ad amare le persone e tutti gli esseri viventi, la cultura e le differenze.
Ringrazio mia mamma per il suo amore e la sua fiducia, mio marito e le mie bambine, che hanno avuto tanta pazienza con una moglie/mamma impegnata anche con lo studio.
Ringrazio anche tutti i piccoli “pezzi del puzzle”: gli amici più cari, i nuovi amici che questo percorso mi ha fatto incontrare, tutti coloro che mi sono stati vicini e compagni, le mamme conosciute durante la ricerca, quelle che hanno compilato il questionario e quelle che sono intervenute sul blog, e la Prof.ssa [...] che si è resa sempre molto disponibile a conciliare i suoi impegni con quelli di una studentessa lavoratrice e “mamma 2.0”.»

... questi sono i ringraziamenti pubblicati nella tesi di laurea.
Mi sembra giusto pubblicarli anche qui... con un po' di ritardo perché, stranamente, non avendo più l'alibi dello studio, il tempo "per me" è diventato ancora più scarso di prima.

sabato 2 febbraio 2013

Questionario chiuso: e ora al lavoro!

Eccoci giunti al termine della pubblicazione del questionario.

Il risultato è stato più che buono, ho raccolto 259 questionari, tutti da analizzare!

Sono stati giorni faticosi, per l'elaborazione della tesi, adesso manca solo di inserire questo ultimo pezzo di puzzle disegnato grazie a voi!

Nell'attesa dei risultati finali voglio ringraziare tutte le mamme che hanno gentilmente contribuito a questo progetto, incontrate nei forum o sui social network, quelle che fino ad oggi mi hanno supportato e sopportato anche su twitter e facebook e nelle altre occasioni di interazione (altri blog, articoli o iniziative).

Di tutto questo, e di tutte voi (noi), parlerò nella tesi... spero nel modo migliore.

Se qualche volta vi capiterà di passare da queste pagine e magari vorrete commentare, anche criticando o condividendo, le riflessioni che riuscirò ancora a pubblicare ve ne sarò davvero grata e cercherò di tenerne conto nella stesura della tesi... fino a quando mi sarà possibile.

Ovviamente il lavoro completo lo pubblicherò dopo la discussione, prevista per fine aprile....dita incrociate pleeeeaaaseeee!!! ;-)


martedì 22 gennaio 2013

Fare la mamma: fenomenologie delle mamme


“Non esiste un comportamento materno sufficientemente univoco perché si possa parlare di istinto o di disposizione materna in quanto tale.”
[E. Badinter]

L'approccio alla maternità è un argomento molto discusso in rete. Spesso viene contestato l'uso di etichette, talvolta invece sono le stesse mamme a “giocare” ad individuare le varie sfumature, le varie “fenomenologie” evidenziando quelle che in effetti sono culturalmente considerati modelli di riferimento.


La mamma perfetta

"La dedizione è parte integrante della 'natura femminile', la fonte più sicura della sua felicità."

La mamma perfetta incarna il mito borghese, il modello fornito da Rousseu, Balzac e successivamente confermato da Freud e dalla psicanalisi, attraverso la definizione della “natura femminile” che implica tutte le caratteristiche della buona madre e che rimane ancora oggi un importante riferimento in molte culture. Un'immagine moralizzata e medicalizzata.

La donna ideale, come la Sophie di Rousseau, è debole e passiva, con un carattere dolce e comprensivo ma dotata di un'intelligenza pratica: deve essere l'unica a comandare in casa (mentre l'uomo è giustificato per il disinteresse domestico) e desiderosa di piacere: “una donna è fatta per essere bella, alla moda, per essere un'affascinante padrona di casa”.
La donna è sposa e madre per vocazione in quanto la femminilità si completa solo nella maternità adeguandosi alla sua natura. L'esaltazione della maternità si attua con il riconoscimento che la madre, per sentirsi veramente realizzata e felice, deve essere sempre presente quindi deve compiere il vero sacrificio si sé, poiché “naturalmente pronta a sacrificarsi”: “una vera madre non è mai libera”. L'amore della madre per il figlio è “generalmente più forte dell'amore per se stessa”.

Oltre ad essere responsabile della casa, dei beni e delle persone, deve occuparsi dell'educazione e della formazione intellettuale dei figli, nonché della trasmissione dei valori morali con dedizione, pazienza e amore senza limiti, ispirata naturalmente dall'istinto. La madre quindi deve iniziare, preservare, emancipare i figli e riparare ai danni della vita: deve acquisire “con prontezza quelle nozioni indispensabili ad una brava madre la cui unica ambizione consista nell'allevare bene i figli”. Inoltre, in quanto “modello vivente” per i figli, deve dare sempre il buon esempio, deve incarnare bontà, virtù, coraggio e dolcezza. Grazie alla psicanalisi infatti la madre viene considerata la principale responsabile della felicità dei figli.

La donna quindi, imprigionata da uno schema di voci autorevoli nel suo ruolo di madre, non può sfuggirvi senza una condanna morale. Grazie all'immagine fornita della “mamma perfetta”, il senso di colpa ha conquistato il cuore delle donne: la maternità caricata di ideali diventa un ruolo gratificante, e le donne si sentono moralmente e profondamente responsabili dei figli così, quando sono nell'impossibilità di assolvere i loro doveri, si sentono colpevoli.

Non si tratta di un comportamento istintivamente corretto quindi ma un modello ideale, a cui alcune madri ancora hanno bisogno di far riferimento.


La mamma cattiva o la mamma “mostro”

L'assente, l'incapace, l'indegna, l'egoista.

La madre cattiva è quella che compie tutti i gesti che ci si aspetta da una buona madre, ma vengono avvertiti come costrizioni insopportabili: si allentano gli “impulsi materni istintivi”. E' incapace di slanci di amore, eroismo o dedizione e, di conseguenza, è incapace ad educare il proprio figlio.

Visto che l'amore materno sembra si possa sviluppare solamente a spese dell'amore di sé, la mamma mostro è fondamentalmente egoista: ama suo figlio ma non al punto di sacrificarsi per lui e mette sempre al primo posto i propri desideri: cerca di dormire, si dimentica delle merendine o del cambio del bambino, non va alle recite o riunioni scolastiche e non vede l'ora di andare a lavorare per ritrovare un po' di pace e sentirsi più realizzata. Preferisce fare vita mondana piuttosto che vigilare personalmente sui figli: si sente infatti soffocare nel ruolo esclusivo di mamma e non ne sente la mancanza quando è lontana, anzi si trova più a suo agio.


La mamma “in carriera”

“Il futuro del bambino e la felicità familiare dipendono molto di più dalla sua continua presenza che dal guadagno del suo lavoro fuori casa.”
[I.R. Sée, Le Devoir maternel, 1911]

La concezione tendenzialmente negativa di questo modello è imputabile ad un inconscio collettivo dove permane l'idea che allevare un bambino sia soprattutto compito della donna, in una società che aveva spogliato l'uomo della sua paternità. I figli delle mamme lavoratrici sono visti spesso come vittime della necessità di guadagnare un “secondo” stipendio o della “pretesa” della donna di mantenersi da sola, di proclamare il diritto a sottrarsi alle prove della maternità.

L'assenza della madre, secondo la psicanalisi, provoca un'infinità di mali e in particolare la disgregazione della famiglia: la madre è un fattore di equilibrio, una figura insostituibile, che non può essere carente (in termini di tempo e di affetto).

Come ricorda E. Badinter, in passato le donne che non avevano scelta, in quanto il loro stipendio era essenziale per la famiglia, hanno sofferto perché non possedevano gli strumenti culturali per far fronte a queste pressioni ideologiche. E' grazie alle lotte femministe che oggi si è dovuto prendere atto del profondo divario fra le teorie proclamate e la vita reale delle donne, rimettendo in discussione i fondamenti e le implicazioni della concezione freudiana della femminilità. Le donne hanno dimostrato con le loro azioni che attivismo, indipendenza e ambizione non sono solo appannaggio degli uomini ed il lavoro “rappresenta un mezzo per realizzarsi e sviluppare la propria personalità”.

La maternità infatti non è sempre il principale e naturale interesse della donna e non si può dare per scontato che il bene del figlio venga anteposto a quello della madre.


La mamma “sufficientemente buona”

La “madre sufficientemente buona” [D.W. Winnicott] è colei che è capace di coltivare in se stessa , consapevolmente e fermamente, la convinzione di esserlo: una mamma sicura di sé in grado di offrire al figlio ciò che è opportuno nel momento opportuno con un "adattamento attivo" ai suoi bisogni, che gradualmente diminuisce man mano che si costruiscono e si consolidano personalità e capacità di accettare i limiti del reale e di tollerare le frustrazioni che ne derivano.

Affinché una mamma possa crescere e diventare “sufficientemente buona” ha bisogno quindi del confronto costruttivo con le altre, con le similitudini e le differenze, per ricevere conferme, conforto, riflettere, far riflettere e correggersi in un percorso, forse mai concluso, nell'acquisizione di una sempre maggiore sicurezza di sé.

[...]

Altre riflessioni inserite nel #progettotesi partendo dal libro di E. Badinter "L'amore in più. Storia dell'amore materno" e dalle molte conversazioni online.
In particolare consiglio:
- le "Fenomenologie delle mamme" dal blog di "50 sfumature di mamma"
- l'articolo "I figli delle mamme in carriera" pubblicato da Flavia Rubino su Donna Moderna Bambino


Io mi sono definita mamma mostro condita una buona dose di egoismo, per questo tendente al senso di colpa ed inadeguatezza, in viaggio per raggiungere (faticosamente) la mamma "sufficientemente buona".

E voi a quale modello vi ispirate... od aspirate?

venerdì 18 gennaio 2013

Essere mamma: amore e senso materno


L'amore materno è un dono e non un istinto. 
Che quante non hanno questo dono siano lasciate in pace.
[articolo di F. Magazine, 1978 citato da E. Badinter]

Esistono diversi modi per esprimere l'amore materno. E' un sentimento umano, incerto, fragile, imperfetto. E sembra non essere inciso profondamente nella natura femminile, così come dimostrato dagli studi della scrittrice e filosofa francese Elisabeth Badinter.

La madre, secondo la scrittrice, è un personaggio relativo e tridimensionale, un essere specifico dotato di aspirazioni proprie, il cui ruolo è fortemente legato alla realtà sociale. E' una convenzione prettamente moderna la necessità di rinuncia, da parte della madre, alle aspirazioni di donna in favore del figlio e della famiglia.

In un passato, non troppo lontano, l'amore non aveva nessun valore sociale o morale: all'amore veniva associata un'idea di passività, trasitorietà, quindi non poteva rappresentare una base solida su cui costruire una famiglia. Il figlio veniva avvertito come un peso, un sacrificio fisico ed economico, da parte di entrambi i genitori e le donne erano libere di scegliere di mandarli “a balia”. L'“arte” di vivere senza bambini era quasi una convenzione sociale: occuparsi dei figli era imbarazzante, le madri, appartenenti ad una certa classe sociale, dovevano definirsi in quanto donne, non dovevano rinunciare al proprio tempo. La cultura rappresentava un mezzo di emancipazione femminile: le donne erano in cerca di sapere, intelligenza e dialogo.

Da un parte quindi c'era l'egoismo, l'amor proprio che cercava un'affermazione oltre i limiti della maternità, dall'altra c'era il bambino che rappresentava l'intralcio alla libertà personale della mamma.
E' verso la fine del XVIII secolo, quando la nuova ricchezza degli stati è rappresentata dalle persone, che il concetto di maternità subisce una rivoluzione. Viene dato vita al “mito” dell'amore spontaneo, con l'esaltazione dell'amore materno come valore naturale e sociale, al fine di persuadere le donne a svolgere innanzitutto il ruolo di madre: un compito nobile,  necessario alla società, fonte di felicità per il genere umano. Una felicità quindi fondata sull'amore di una donna che accetta di sacrificarsi per figlio.

E dal giudizio sulla misura di questo amore, le mamme si dividono in negligenti e mistificatrici e si interrogano sulla sua giusta misura e sulla figura della “mamma perfetta”.

[...]

Queste sono le riflessioni sull'amore materno per il #progettotesi

E voi che ne pensate? E' un istinto?
Tutte le mamme lo dovrebbero avere?

Quando aspettavo la prima bimba (un giorno forse racconterò la mia storia... o forse no, chissà) tutti mi dicevano che sarebbe arrivato... l'istinto materno.
Ancora lo aspetto.
Sono una brava mamma?
Ho risposto di recente alla stessa domanda >qui<

"Esiste un manuale per la “brava mamma”?
Me lo chiedevo anch’io sai!
Poi così, dal nulla, la piccola mi ha detto: “Ti voglio tantissimo bene mamma”.
Ecco, mi basta!
Tua figlia è felice? Tu sei felice?
E allora sei una brava mamma "

martedì 15 gennaio 2013

Chi sono le mamme?

Bella domanda!

Non le mamme online, già sarei un pezzo avanti.
Sto parlando delle "mamme".

No, non è così banale... a me almeno apre un universo.

Ci sto appunto riflettendo per il #progettotesi, perché voglio parlare di noi.
E sto provando a raccontare il mio piccolo, povero, punto di vista.

La riflessione parte da qui:

[...]

Per mamma si intende una “persona, in genere donna, che genera e/o che si occupa di qualcuno facendogli da madre o da guida morale e spirituale”... questo dice il "dizionario"

La mia ricerca riguarda le aspiranti mamme, neo mamme, e mamme già “avviate” che utilizzano abitualmente il web 2.0 e i suoi ambienti.

Per essere mamme, secondo me, non è necessario avere partorito un figlio: il solo desiderio di maternità, quella forte necessità di donare ad un altro essere umano quell'amore “in più” che la coppia da sola non può contenere, fa diventare una donna mamma. Per questo possiamo considerare mamme le donne che cercano, che attendono, che hanno partorito o che hanno adottato dei figli.

Le mamme sono donne dunque. Non sono esseri perfetti.
Questo è ciò che emerge dalle narrazioni e dalle discussioni che animano il Web.

Forse qualche anno fa sulla rete l'immagine che traspariva era quella patinata di una mamma stereotipata, la donna che annulla se stessa per il figlio, devota alla sua condizione di mamma tanto da rinunciare alla propria “vita” e alla propria “carriera” ma pur sempre felice e senza incertezze.

Osservando oggi le discussioni sul tema appare chiaro che questa è un'immagine ormai superata.

[...]

Sul tema mi ha incuriosito il dibattito che ha seguito l'articolo di Flavia Rubino "I figli delle mamme in carriera" pubblicato su Donna Moderna Bambino e che continua a far discutere e riflettere.

Un altro articolo interessante è quello di Antonella Pfeiffer che già dal titolo promette bene "Mommy War – La guerra delle mamme" e che consiglio di leggere.


Quando ho iniziato a pensare al mio #progettotesi sulle mamme online avevo le idee chiare. Ai tempi decisi  di scrivere una tesi sulle mamme (approvata!?) perché mi ero imbattuta per caso in alcune ricerche in cui le mamme venivano descritte come esseri sfigati, reietti, condannati, loro malgrado, a pulir sederini, preparare pappe e inventarsi giochini per far passare il tempo a quelle iene dei loro pargoli.

Ma come! Le mamme non sono questo!
L'immagine che avevo era chiara... volevo far la testimone orgogliosa delle mamme e portare trionfalmente alla luce la verità sulle paladine della società, esseri straordinari e dotati di grande energia, forza e talento, in grado di superare tutti gli ostacoli, culturali, sociali e fisici, capaci di comprendersi e sostenersi in qualsiasi occasione e necessità....

Ed è ancora questo che voglio raccontare!!!

No, essere una mamma non è una colpa!

Sì, siamo tutte diverse, un "universo plurale"... e talvolta ci piace anche discutere ammettiamolo.

Ma qualcosa in comune lo abbiamo. Solo una mamma riesce a capire cosa significano i messaggi del video che segue:



E voi che dite?