martedì 22 gennaio 2013

Fare la mamma: fenomenologie delle mamme


“Non esiste un comportamento materno sufficientemente univoco perché si possa parlare di istinto o di disposizione materna in quanto tale.”
[E. Badinter]

L'approccio alla maternità è un argomento molto discusso in rete. Spesso viene contestato l'uso di etichette, talvolta invece sono le stesse mamme a “giocare” ad individuare le varie sfumature, le varie “fenomenologie” evidenziando quelle che in effetti sono culturalmente considerati modelli di riferimento.


La mamma perfetta

"La dedizione è parte integrante della 'natura femminile', la fonte più sicura della sua felicità."

La mamma perfetta incarna il mito borghese, il modello fornito da Rousseu, Balzac e successivamente confermato da Freud e dalla psicanalisi, attraverso la definizione della “natura femminile” che implica tutte le caratteristiche della buona madre e che rimane ancora oggi un importante riferimento in molte culture. Un'immagine moralizzata e medicalizzata.

La donna ideale, come la Sophie di Rousseau, è debole e passiva, con un carattere dolce e comprensivo ma dotata di un'intelligenza pratica: deve essere l'unica a comandare in casa (mentre l'uomo è giustificato per il disinteresse domestico) e desiderosa di piacere: “una donna è fatta per essere bella, alla moda, per essere un'affascinante padrona di casa”.
La donna è sposa e madre per vocazione in quanto la femminilità si completa solo nella maternità adeguandosi alla sua natura. L'esaltazione della maternità si attua con il riconoscimento che la madre, per sentirsi veramente realizzata e felice, deve essere sempre presente quindi deve compiere il vero sacrificio si sé, poiché “naturalmente pronta a sacrificarsi”: “una vera madre non è mai libera”. L'amore della madre per il figlio è “generalmente più forte dell'amore per se stessa”.

Oltre ad essere responsabile della casa, dei beni e delle persone, deve occuparsi dell'educazione e della formazione intellettuale dei figli, nonché della trasmissione dei valori morali con dedizione, pazienza e amore senza limiti, ispirata naturalmente dall'istinto. La madre quindi deve iniziare, preservare, emancipare i figli e riparare ai danni della vita: deve acquisire “con prontezza quelle nozioni indispensabili ad una brava madre la cui unica ambizione consista nell'allevare bene i figli”. Inoltre, in quanto “modello vivente” per i figli, deve dare sempre il buon esempio, deve incarnare bontà, virtù, coraggio e dolcezza. Grazie alla psicanalisi infatti la madre viene considerata la principale responsabile della felicità dei figli.

La donna quindi, imprigionata da uno schema di voci autorevoli nel suo ruolo di madre, non può sfuggirvi senza una condanna morale. Grazie all'immagine fornita della “mamma perfetta”, il senso di colpa ha conquistato il cuore delle donne: la maternità caricata di ideali diventa un ruolo gratificante, e le donne si sentono moralmente e profondamente responsabili dei figli così, quando sono nell'impossibilità di assolvere i loro doveri, si sentono colpevoli.

Non si tratta di un comportamento istintivamente corretto quindi ma un modello ideale, a cui alcune madri ancora hanno bisogno di far riferimento.


La mamma cattiva o la mamma “mostro”

L'assente, l'incapace, l'indegna, l'egoista.

La madre cattiva è quella che compie tutti i gesti che ci si aspetta da una buona madre, ma vengono avvertiti come costrizioni insopportabili: si allentano gli “impulsi materni istintivi”. E' incapace di slanci di amore, eroismo o dedizione e, di conseguenza, è incapace ad educare il proprio figlio.

Visto che l'amore materno sembra si possa sviluppare solamente a spese dell'amore di sé, la mamma mostro è fondamentalmente egoista: ama suo figlio ma non al punto di sacrificarsi per lui e mette sempre al primo posto i propri desideri: cerca di dormire, si dimentica delle merendine o del cambio del bambino, non va alle recite o riunioni scolastiche e non vede l'ora di andare a lavorare per ritrovare un po' di pace e sentirsi più realizzata. Preferisce fare vita mondana piuttosto che vigilare personalmente sui figli: si sente infatti soffocare nel ruolo esclusivo di mamma e non ne sente la mancanza quando è lontana, anzi si trova più a suo agio.


La mamma “in carriera”

“Il futuro del bambino e la felicità familiare dipendono molto di più dalla sua continua presenza che dal guadagno del suo lavoro fuori casa.”
[I.R. Sée, Le Devoir maternel, 1911]

La concezione tendenzialmente negativa di questo modello è imputabile ad un inconscio collettivo dove permane l'idea che allevare un bambino sia soprattutto compito della donna, in una società che aveva spogliato l'uomo della sua paternità. I figli delle mamme lavoratrici sono visti spesso come vittime della necessità di guadagnare un “secondo” stipendio o della “pretesa” della donna di mantenersi da sola, di proclamare il diritto a sottrarsi alle prove della maternità.

L'assenza della madre, secondo la psicanalisi, provoca un'infinità di mali e in particolare la disgregazione della famiglia: la madre è un fattore di equilibrio, una figura insostituibile, che non può essere carente (in termini di tempo e di affetto).

Come ricorda E. Badinter, in passato le donne che non avevano scelta, in quanto il loro stipendio era essenziale per la famiglia, hanno sofferto perché non possedevano gli strumenti culturali per far fronte a queste pressioni ideologiche. E' grazie alle lotte femministe che oggi si è dovuto prendere atto del profondo divario fra le teorie proclamate e la vita reale delle donne, rimettendo in discussione i fondamenti e le implicazioni della concezione freudiana della femminilità. Le donne hanno dimostrato con le loro azioni che attivismo, indipendenza e ambizione non sono solo appannaggio degli uomini ed il lavoro “rappresenta un mezzo per realizzarsi e sviluppare la propria personalità”.

La maternità infatti non è sempre il principale e naturale interesse della donna e non si può dare per scontato che il bene del figlio venga anteposto a quello della madre.


La mamma “sufficientemente buona”

La “madre sufficientemente buona” [D.W. Winnicott] è colei che è capace di coltivare in se stessa , consapevolmente e fermamente, la convinzione di esserlo: una mamma sicura di sé in grado di offrire al figlio ciò che è opportuno nel momento opportuno con un "adattamento attivo" ai suoi bisogni, che gradualmente diminuisce man mano che si costruiscono e si consolidano personalità e capacità di accettare i limiti del reale e di tollerare le frustrazioni che ne derivano.

Affinché una mamma possa crescere e diventare “sufficientemente buona” ha bisogno quindi del confronto costruttivo con le altre, con le similitudini e le differenze, per ricevere conferme, conforto, riflettere, far riflettere e correggersi in un percorso, forse mai concluso, nell'acquisizione di una sempre maggiore sicurezza di sé.

[...]

Altre riflessioni inserite nel #progettotesi partendo dal libro di E. Badinter "L'amore in più. Storia dell'amore materno" e dalle molte conversazioni online.
In particolare consiglio:
- le "Fenomenologie delle mamme" dal blog di "50 sfumature di mamma"
- l'articolo "I figli delle mamme in carriera" pubblicato da Flavia Rubino su Donna Moderna Bambino


Io mi sono definita mamma mostro condita una buona dose di egoismo, per questo tendente al senso di colpa ed inadeguatezza, in viaggio per raggiungere (faticosamente) la mamma "sufficientemente buona".

E voi a quale modello vi ispirate... od aspirate?

2 commenti:

  1. 'in media stat virtus' è il mio motto
    non posso che sperare di trovarmi proprio lì al crocevia perfetto tra amore incondizionato per me stessa ed amore incondizionato per mio figlio!

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    1. Scusamiii.. mi era sfuggito questo commento.
      Credo anch'io che la verità stia nel mezzo... ma spesso sento il peso del senso di colpa. A quanto pare però è indotto dalla nostra cultura!!!
      Più che istinto materno, come dici tu, nel mezzo c'è l'amore: di una madre verso un figlio, di un figlio verso una madre ma anche di un padre che insieme formano una famiglia, con pregi e difetti, ma unita nell'amore.

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