domenica 30 dicembre 2012

La questione del tempo: famiglia e lavoro

Durante gli studi per il #progettotesi ho avuto occasione di leggere "Per amore o per denaro. La commercializzazione della vita intima" di A. Russell Hochschild (Il Mulino, Bologna 2006).

Tra i vari argomenti, molto interessanti, parla anche di tempo.

In breve riporto le questioni centrali.

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Viviamo nell'era della scarsità di tempo, della crisi del tempo, con una continua accelerazione dei ritmi di vita a lavoro e in famiglia. La cultura del tempo è strettamente connessa alla nostra logica sociale.

Ma l'etica del risparmiare tempo porta a chiedersi per che cosa vogliamo risparmiare tempo.

La casa e la comunità sono al primo posto, il lavoro e il mercato vengono dopo, sono profani.

Secondo il senso comune moderno una vita familiare felice è un fine in sé ma guadagnare e spendere denaro sono mezzi per raggiungere questo fine. Il senso del sacro è intimamente connesso alla gestione del tempo che separa un'attività dall'altra. Un interesse eccessivo nei confronti di lavoro o mercato quindi è fuori dai confini morali, ma nel sistema culturale ed economico moderno, nell'etica del mercato, questi simboli e riti entrano in competizione con quelli della comunità e della famiglia.

Nel concetto convenzionale di famiglia l'uso del tempo è come un linguaggio attraverso il quale comunichiamo. Ogni impiego di tempo è una forma di culto.

Ma la famiglia e la comunità sono sempre meno il luogo dove si parla e si entra in relazione e dove si celebrano i rituali collettivi. Il lavoro sta diventando più ritualizzato e sacro rispetto alla famiglia: si lavora e si spende tanto invece di passare tanto tempo insieme e la vita in casa diventa marginale.

Il problema della scarsità di tempo è aggravato dall'assenza di politiche aziendali e statali volte all'incentivo dei congedi di maternità e paternità e alla riduzione o flessibilità dell'orario di lavoro.
Il lavoro esercita una notevole influenza sulla vita delle persone: si vive nel tentativo di creare un equilibrio tra casa e lavoro, dove la vita in casa somiglia sempre più a un lavoro e il lavoro è sempre più a casa.

In un sistema concorrente di organizzazione del tempo, le regole e le scadenze aziendali finiscono per definire le regole e le scadenze di famiglia. Il tempo in famiglia diventa frenetico e compresso, e si finisce per creare un'ideale famiglia ipotetica che potrebbe esistere se solo ce ne fosse il tempo.
La crisi di mancanza di tempo ha privatizzato la famiglia costringendo gli individui a fare a meno anche di quei rapporti che si mantenevano in vita grazie al tempo libero.

Gli ideali a cui si mira sono sempre più difficili da raggiungere e si assiste al rovesciamento delle priorità emotive, della cultura della famiglia e del lavoro: la famiglia non rappresenta più il luogo preposto al riposo, alla sicurezza, alla realizzazione di sé, mentre il lavoro diventa la roccia su cui appoggiarsi, la fonte principale di sicurezza, il luogo dove ci si sente apprezzati, in grado di supportare la costruzione di un'identità, di dare senso di appartenenza a una comunità.

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Ovviamente le sue osservazioni si riferiscono in particolare alla società americana... ma noi siamo davvero tanto lontani? Mamme che ne pensate?

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